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Ci sono lavori che hanno la capacità di penetrare l’animo e lasciare ferite profonde; il tutto senza mostrare sangue e morte come spesso accade al giorno d’oggi e a cui purtroppo cominciamo a mostrare una preoccupante assuefazione.

Gordon Parks è stato il primo fotografo afroamericano a lavorare per la rivista Life, su cui venne pubblicata la storia ambientata a Mobile, stato dell’Alabhama, e che vede protagonista la famiglia Thorton.

Siamo negli anni 50, negli Stati Uniti vige la segregazione razziale, un sistema di dominazione dei bianchi sugli afroamericani sorto negli ex Stati confederati dopo la guerra civile statunitense. Comportò la separazione fisica nella vita sociale, il confinamento dei neri in alcuni settori occupazionali a basso reddito e la loro esclusione dal voto.

Il lavoro di Parks pubblicato su Life si componeva di 26 fotografie; ma tutto il materiale raccolto è divenuto Segregation Story, un libro che illustra perfettamente le ingiustizie subite ed i piccoli successi conseguiti dalla famiglia Thorton in un intreccio di immagini fatte di eleganza, giocosità e al tempo stesso oppressione e disuguaglianza.

Quei cartelli in cui campeggiano le scritte ‘colored’ hanno il potere di mille parole e la capacità di ferire come una lama.

Sfogliando il libro ho avvertito un crescente senso di disagio che a mio avviso culmina nella seconda parte quando la forza ed il messaggio delle fotografie diventa dirompente, mantenendo oltretutto un meraviglioso senso estetico e compositivo.

Una delle fotografie più potenti ritrae Joanne Thornton Wilson e sua nipote, Shirley Anne Kirksey in piedi di fronte a un teatro a Mobile, un’immagine che è diventata “un’arma di scelta” , come lo stesso Parks l’ha definita, nella lotta contro il razzismo e la segregazione.

La commistione tra la bellezza delle immagini e il loro esplicito messaggio di denuncia, rende Segregation Story uno dei lavori fotografici più toccanti ed emotivamente forti nella storia della fotografia.

E fa male dirlo, probabilmente anche molto attuale.

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